Il primo Grande Slam della stagione finalmente ha avuto inizio. La pandemia ha rallentato ma non bloccato il torneo
Pronti, partenza, via. Il torneo più atteso e chiacchierato di inizio anno ha aperto le danze. Gli Australian Open sono stati inaugurati lunedì 8 febbraio dopo un lungo e meticoloso percorso di preparazione sia logistico che sanitario. L’edizione 2021 del Major australiano è in una veste totalmente inedita, Covid free. Le tempistiche sono state rispettate in piena regola. Nonostante lo spauracchio che aleggiava su Melbourne Park e l’ultimo caso di positività segnalato a qualche giorno dall’inizio, la tabella di marcia non è stata modificata ulteriormente. Il main draw singolare, maschile e femminile, è stato inaugurato con 128 partecipanti per parte. A questi si sono aggiunte le 128 coppie di doppio, tra uomini e donne. Numeri da Grande Slam che cercano di mantenere alto lo standard anche per quanto riguarda il pubblico.

Norme Covid – Il ministro dello Sport dello Stato di Victoria, Martin Pakula, ha ufficializzato che l’Australian Open può garantire l’ingresso a 30.000 persone al giorno, circa il 50% della capienza dell’impianto. Il limite sarà ridotto a 25.000 nell’ultima settimana del torneo e quindi a partire dai quarti di finale. Una notizia che ha riportato il sorriso sui volti degli spettatori e dei tennisti. Un ritorno alla normalità, all’atmosfera adrenalinica e calorosa che si crea nelle grandi arene, così come era stato fatto in occasione del Roland Garros – in cui però il numero degli spettatori non poteva superare soglia 1000 ogni giorno. Dato che la sicurezza sanitaria viene al primo posto sono stati adottati ulteriori accorgimenti sulla gestione del pubblico. Melbourne Park è stato suddiviso in tre aree: la Rod Laver Arena Zone, la Margaret Court Arena Zone e la John Cain Arena Zone. Chi acquista un biglietto, di conseguenza, può assistere solo ai match di una determinata zona, senza poter passare da una all’altra. Inoltre è vietato qualsiasi tipo di contatto o avvicinamento con i giocatori. Disposizioni severissime e situazione monitorata quotidianamente. Il pericolo del contagio così come l’eventuale chiusura dei cancelli non è da sottovalutare.

Gli azzurri in gara – Quelle che attendono gli amanti della racchetta saranno due settimane intense e ricche di spettacolo. L’Italia dal canto suo può contare su una vasta rappresentanza, che però è stata in parte già mutilata durante il primo giorno di gare. Il beniamino tricolore, Jannik Sinner ha dovuto salutare con netto anticipo la competizione. Al primo turno si è scontrato con un avversario ostico, Denis Shapovalov, n. 12 ATP e 11a testa di serie. Il confronto tra i due talismani del circuito è stato da togliere il fiato. Il match si è concluso dopo quattro ore di gioco in favore del canadese al quinto e decisivo set, chiudendo con il punteggio di 3-6, 6-3, 6-2, 4-6, 6-3. Una battaglia tiratissima tra due giovani di grande talento e prospettiva. In casa azzurra dispiace l’uscita di scena all’esordio ma a sollevare l’umore è la grande prestazione dell’altoatesino che match dopo match alza sempre più l’asticella. Senza dimenticarci che il 19enne di San Candido il 7 febbraio ha conquistato il suo secondo titolo ATP – il 250 di Melbourne – a discapito del suo connazionale Stefano Travaglia che a ceduto dopo due set per 7-6 6-4. Un derby tutto italiano durato quasi due ore e giocato sul filo dell’equilibrio. Dall’Australia è stato spedito a casa anche Andreas Seppi, annullato per 6-4 4-6 6-2 6-2 dall’uruguaiano Pablo Cuevas. Ai titoli di coda prematuri anche Stefano Travaglia e Marco Cecchinato. Dall’altra proseguono con successo la corsa Lorenzo Sonego, Salvatore Caruso, Fabio Fognini e Matteo Berrettini. Tra le azzurre resistono Camila Giorgi e Sara Errani.

Il caso Andy Murray – Per la prima volta nella sua storia l’evento di Melbourne ha dovuto confrontarsi con una pandemia devastante, ricorrendo subito ai ripari. Tutti i giocatori qualificati hanno dovuto sottoporsi ai test Covid prima della partenza. Quelli risultati positivi sono stati lasciati a casa con rammarico. Questo è stato il caso di Andy Murray. Il campione scozzese, ex n. 1 del mondo, è stato costretto a dire addio allo Slam. Una ferita profonda per il tennista di Glasgow che aveva scelto gli Australian Open come palcoscenico ideale per il suo rientro sui campi da tennis. Gli ultimi tre anni per lui sono stati devastanti e demoralizzanti. L’infortunio all’anca, le operazioni chirurgiche e il faticoso recupero si sono trasformati in una chimera. Il 2021 è stato indicato come l’anno della rivalsa e della ribalta. Lui che dalla top 10 è caduto vertiginosamente alla posizione n. 125 del ranking. A mettergli nuovamente il bastone tra le ruote stavolta è stato proprio il Covid. A pochi giorni dalla partenza per la terra dei canguri lo scozzese è stato trovato positivo al tampone. Una dura notizia che lo ha costretto a rimodulare il suo calendario e a virare su tornei italiani di piccola portata come i Challenger 125 e 80 di Biella.
La quarantena – Le ferree leggi dell’Australia e dello Stato di Victoria hanno sbarrato le porte, sia in entrata che in uscita. La possibilità di ingresso nel Paese è stata riservata unicamente ai giocatori e ai loro staff. Un’eccezione dettata dalla necessità di non bloccare uno dei più rinomati appuntamenti con il tennis internazionale. Una volta atterrati i tennisti hanno seguito una scaletta ben precisa. Quattordici giorni di quarantena negli hotel messi a disposizione per l’evento. L’unica concessione patuita dall’organizzazione è stata la possibilità di uscire dalle proprie stanze d’albergo per la sessione quotidiana di allenamento e comunque senza mai sforare il tetto delle cinque ore giornaliere. Per una settantina di atleti, invece, la situazione è stata ancor più critica perché una volta arrivati a Melbourne hanno scoperto che nei loro stessi voli erano presenti dei passeggeri risultati positivi al Coronavirus. Questa notizia non ha lasciato altra scelta all’organizzazione del torneo se non quella di imporre un isolamento completo, senza opportunità di allenarsi al di fuori della propria stanza d’hotel. Tennisti relegati tra le quattro mura, hanno fatto di necessità virtù, improvvisando palleggi sui muri, sessioni di atletica tra comodini e divani. Esperienze che si sono tramutate in simpatici siparietti social e scene comiche.
Batti e ribatti – Non sono mancate le polemiche. Tra una risata e l’altra su Twitter e Instagram c’è chi ha alzato la voce. Nelle settimane di avvicinamento al Grande Slam si è creata una tempesta mediatica riguardo a ipotetici trattamenti di favore verso i grandi campioni. Parliamo dei top three ATP, Novak Djokovic, Rafael Nadal e Dominic Thiem; Serena Williams, Naomi Osaka e Simona Halep tra le donne. Contrariamente alla maggior parte dei partecipanti, loro (ed altri) sono stati mandati ad Adelaide, nella cosiddetta seconda “bolla”, assieme a staff e partner di allenamento. Un altro Stato in cui le norme anti-Covid sono meno stringenti. Pronto a calmare gli animi e a chiarire le posizioni è intervenuto il fuoriclasse serbo, Djokovic. Con un lungo post sui suoi profili social ha spiegato che i suoi colloqui con Craig Tiley (il direttore del team organizzativo del Major) e le richieste avanzate sono state fatte nel solo e pieno interesse dei propri colleghi.